martedì 24 gennaio 2017

Recensione: La lettera scarlatta, di Nathaniel Hawthorne

Salve amici lettori. Eccomi qua a raccontarvi un romanzo che ho amato nel 2016 e che infatti è finito tra i migliori dello scorso anno (qui il post se ve lo siete perso). Ma prima qualche aggiornamento random: ho cambiato grafica (yeeeeah!) rendendola più affine alle mie passioni (troviamo infatti Outlander, Cime tempestose e Vikings, per chi non sapesse di cosa sto parlando c'è sempre il post dei migliori di cui sopra!), sono in piena sessione quindi poco presente ma sto cercando di aggiornare abbastanza spesso instagram, quindi se vi va potete seguirmi là, e per ultimo sto finalmente leggendo per la prima volta Harry Potter 😍 Ma ora vi lascio al post!

LA LETTERA SCARLATTA
(The scarlet letter)
Nathaniel Hawthorne
1850

"Quali condizioni infatti sono più propizie al lavoro di uno scrittore del silenzio della sua stanza, illuminata dalla luna che dà ad ogni creatura della fantasia un così rilievo?"

La lettera scarlatta è un romanzo di Nathaniel Hawthorne scritto nel 1850. Ero già a conoscenza della storia per aver visto il film, ma non avendolo visto dall'inizio e qualche anno fa, non ricordavo precisamente come si evolvessero le vicende. La cosa che mi ha più sorpreso di questo libro è il modo in cui viene narrato: tratta della redenzione di una donna nel diciassettesimo secolo nelle colonie americane, precisamente nella Boston del 1642, per aver commesso adulterio ed aver avuto una bambina da questo atto, ma non viene narrato come nasce il sentimento che porterà i due protagonisti all'adulterio, ma tutto ciò che avviene dopo. Il romanzo si apre infatti con Hester in prigione che ha appena avuto la figlia e che si prepara a scontare la sua punizione sul palco davanti a tutti con la lettera scarlatta sul petto. Il nome del romanzo viene appunto dalla penitenza che i giudici assegnano alla donna: portare una lettera scarlatta, la A, sul petto per tutta la vita, anche per il suo rifiuto a rivelare l'identità del padre della bambina. 

Lo scrittore, Hawthorne, è geniale, inizia il libro da una riflessione sul suo lavoro come impiegato in una cittadina, Salem, per un lavoro banale, e in questo luogo trova una lettera dalla quale partirà per raccontare la vicenda. Lo scrittore, infatti, ci presenta la storia come realmente accaduta, trovata nella lettera e poi sentita raccontare da diverse persone del luogo. Egli molto spesso si introduce nella narrazione avvertendo il lettore dell'eventualità che quello che stia narrando non corrisponde a come siano andati i fatti perché persone diverse gli hanno raccontato cose diverse. Ho trovato il romanzo, nonostante sia stato scritto nel 1850, attualissimo: ovviamente troviamo termini, modi di fare, dialoghi, modi di raccontare antichi, per il semplice fatto che la storia si svolge a Boston quando era ancora una piccola colonia in cui gli inglesi emigravano per colonizzare, ma i sentimenti rimangono inalterati. I personaggi secondo me sono caratterizzati benissimo. Non ne abbiamo molti: ci sono Hester, la figlia Pearl, il marito e poi il padre della bambina e tutti si intrecciano, ognuno ha le sue peculiarità, anche la bambina stessa viene descritta fin da quando era piccola con delle sue caratteristiche specifiche. Anche l'ambientazione mi è piaciuta: abbiamo questo villaggio, con le case di legno, circondato da boschi, abitati da nativi americani. Siamo nel periodo di Salem, della caccia alle streghe, dell'inquisizione. Quindi vengono introdotte anche queste tematiche e tutti i pregiudizi del caso: la fiducia cieca nella religione e nei pastori e un'assoluta ripugnanza per tutto ciò che non era dettato dalle regole della legge, come l'adulterio. 

Ma la storia non si concentra sull'ingiustizia per i due protagonisti di non poter vivere la loro storia d'amore, ma sulla loro redenzione, perché anche essi sono timorati di Dio e non cercano di stare insieme a tutti i costi ma soltanto il perdono divino. Tutto ciò che fanno dall'inizio del romanzo alla fine è di redimersi per poter quindi spirare al paradiso nonostante ciò che hanno fatto. La stessa bambina si considera figlia del Demonio, non sapendo neanche lei chi sia suo padre. Molto spesso viene detto che sembrava un folletto cattivo: la madre stessa si domanda se sia venuta così eccentrica e disubbidiente proprio perché nata dal peccato e quindi dal Diavolo. La storia che io mi aspettavo di leggere, perciò, non è quella che ho letto, ma quella che ho letto è stata assolutamente più intrigante, più originale e più spettacolare. Il finale è fantastico e anche lì ho capito quanto sia stato bravo lo scrittore, dato che mi ha sorpresa totalmente. Dopo questo elogio mi sembra scontato dire che ho dato cinque stelle a questo romanzo, cioè il massimo, perché mi ha sorpreso tantissimo in positivo, ho amato ogni cosa, i personaggi più buoni, quelli più cattivi, anche se in questa storia non c'è una reale distinzione fra buono e cattivo, ognuno ha le sue colpe e ognuno ha le sue ingiustizie con le quali vivere, ognuno viene beatificato per delle cose e condannato per altre. La stessa Hester diventa un perno della comunità per la sua bontà nel curare i malati e per la sua bravura come sarta nonostante non venisse più considerata pura e facente parte della comunità per ciò che aveva fatto. Ovviamente non sto dicendo niente sul padre della bambina ma si capisce abbastanza presto chi è, poi io già lo sapevo dal film, però nonostante questo è tutto il percorso che affronta lui a sorprendere perché non è quello che ci si aspetta. 

Hawthorne narra una storia ambientata circa duecento anni prima di lui e lo stesso autore considera alcuni gesti e vicende come antiquati, anche lui si sorprende di come le persone reagivano e di quello che erano obbligati a fare per una cosa del genere. Quindi noi sentiamo tutto questo cambiamento, sia da noi alla storia, sia dallo scrittore alla storia. Ma nonostante questo i sentimenti, le emozioni dei protagonisti sono talmente vivi, descritti talmente bene che nonostante noi non li avremmo provati, non avremmo fatto quelle scelte, li comprendiamo e li accettiamo. Questo libro è una scoperta di usi e costumi di un'altra epoca in un altro continente in un altro contesto. Per concludere consiglio questo romanzo secondo me eccezionale: è un libro perfetto che può solamente arricchire chi lo legge, in tutti i sensi, dal punto di vista lessicale, mentale, culturale, apre la mente, fa scoprire cose nuove ed è un piacere leggerlo perché, semplicemente, prende.

"Tanto l'odio quanto l'amore, se raggiungono una certa intensità, presuppongono una conoscenza reciproca di due cuori così profonda che un essere umano si trova alla mercé di un altro per la vita del suo spirito; ed è per questo che tanto l'amante appassionato quanto il nemico inesorabile si sentono mancare le ragioni della vita, se sia loro sottratto l'oggetto dell'amore o dell'odio."

VOTO: 5/5

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